Scuola di attivazione politica “L’agroecologia strumento per costruire economie trasformative”

Corso gratuito della durata di 3 mesi (online), rivolto ad un campione-pilota di massimo 50 persone che vivono nella Regione Siciliana.

Il corso è aperto a tutte le soggettività ma per la peculiarità dei temi trattati è particolarmente indirizzato a operatori agricoli (produttori, trasformatori, distributori), studenti universitari (agraria, economia), giovani professionisti nel settore agrario e forestale, associazioni, organizzazioni, attivisti/e, gruppi informali.

Per iscriversi è necessario compilare la scheda d’iscrizione predisposta in questo form: https://form.jotform.com/210224039399354

Per informazioni scrivere a progettoscuola@falacosagiustasicilia.org entro il 14/02/2021, riferimento segreteria Lella Feo, direttivo Comitato Fa’ la Cosa Giusta! Sicilia.

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Call for papers “Healthy and sustainable urban food systems: perspectives, challenges and opportunities for the post COVID-19 era” (Cities, I.F. 4,8)

La rivista scientifica Cities (Elsevier, Impact Factor 4,8) ha aperto una Call for Papers dal titolo “Healthy and sustainable urban food systems: perspectives, challenges and opportunities for the post COVID-19 era“.

La special issue intende esplorare le esperienze e gli approcci più innovativi che sono stati intrapresi a livello urbano per contrastare la crisi da COVID-19 e comprendere gli impatti a lungo termine e le prospettive che la pandemia ha aperto circa i rapporti fra le città e i sistemi alimentari.

Guest editors: Roberta Sonnino, Marta Antonelli, Davide Marino, Giampiero Mazzocchi e Daniele Fattibene.

Scadenza per l’invio dei paper: 15 maggio 2021

Tutte le informazioni al seguente link: https://www.journals.elsevier.com/cities/call-for-papers/healthy-and-sustainable-urban-food-systems

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Opportunità | Assegno di ricerca | UniBo, DISTAL | Progetto LOWINFOOD

Da Claudia Giordano:
Vorrei condividere con voi l’opportunità di un assegno di ricerca che è appena stato bandito al DISTAL, Università di Bologna.
Stiamo cercando una persona che lavori con noi principalmente sulle attività di un progetto europeo che abbiamo vinto quest’anno (LOWINFOOD), con oggetto spreco alimentare. In aggiunta, siamo impegnati anche su un altro progetto vinto nel 2020 (FOODLAND), in qualità di capofila. Pensiamo di partecipare anche ad un paio di bandi nel prossimo Horizon Europe e abbiamo davanti un’intesa fase di analisi dei dati di vari progetti e attività, prevalentemente orientati alla quantificazione degli sprechi ai fini della rendicontazione UE e Agenda 2030.

In sintesi, abbiamo bisogno di una persona con: (possibilmente) buone conoscenze quantitative e con una discreta esperienza internazionale. Il titolo di dottorato sarà tenuto in considerazione, così come eventuali pubblicazioni.

Il gruppo di ricerca è coordinato da Luca Falasconi.
Link al bando: https://bandi.unibo.it/ricerca/assegni-ricerca?id_bando=53152
Scadenza il 29 gennaio 2021.

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Borsa di studio “Analisi relazioni cibo-città”

L’Università degli Studi del Molise ha bandito un concorso, per titoli e colloquio, per l’attivazione di una borsa di ricerca dal titolo: “Analisi relazioni cibo-città”, responsabile scientifico il prof. Davide Marino, della durata di 8 mesi e per l’importo complessivo di € 8.000,00 (eventualmente rinnovabile).
Qui il link diretto al bando, rintracciabile anche da questo database.

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4° Incontro Nazionale Rete Italiana Politiche Locali del Cibo / 28 gennaio 2021

*NEW!* Iscrizione prorogate fino alla mezzanotte del 26 gennaio.
Registrazione all’evento aperta a questo link: https://forms.gle/bjNdu2PpsyVM2Umc6

Per accedere all’evento: https://unito.webex.com/unito/j.php?MTID=m672273452995438e32bb89e27ec26286

Numero riunione: 121 464 9426
Password riunione: Rete_PLC

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L’Emporio Solidale di Pescia: associazioni e istituzioni contro la povertà alimentare

a cura di Silvia Moroni

Tra le tante difficoltà, il Covid19 lascia un’Italia più affamata di prima. L’Emporio Solidale di Pescia nasce proprio per fornire aiuti alimentari alle famiglie più in difficoltà. 

La situazione dipinta dal Rapporto “La pandemia che affama l’Italia. Covid-19, povertà alimentare e diritto al cibo” di ActionAid non è rosea. Il lockdown ha portato molte famiglie verso una situazione di povertà alimentare grave. Famiglie con minori, donne e giovani precari sono più esposti al problema dell’approvvigionamento di un cibo sano, nutriente e sufficiente. Molte persone non consumano abbastanza oppure hanno una dieta monotona, mangiando pochissima frutta, verdura e proteine nobili. La perdita del lavoro di intere famiglie è la causa scatenante. Rispetto al 2019, si parla di quasi un 50% in più di famiglie a rischio povertà, compresa quella alimentare.

Anche nei piccoli territori il cambiamento si è fatto sentire. Aumentano le richieste per l’erogazione dei buoni spesa e le file davanti ai punti di distribuzione di generi alimentari sono sempre più lunghe.

Sono sempre di più però anche le iniziative territoriali di solidarietà alimentare. Tra queste, una menzione speciale va agli empori solidali, dei veri e propri “supermercati” che sostengono le famiglie in difficoltà, offrendo gratuitamente generi alimentari a famiglie in stato di povertà.

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L’Emporio Solidale di Pescia

Anche a Pescia, in Provincia di Pistoia, le associazioni del territorio hanno dato vita al loro Emporio Solidale. Caritas diocesana, Croce Rossa Italiana, Pubblica Assistenza con il supporto del Comune, hanno creato un unico spazio di distribuzione di aiuti alimentari, strutturandolo come un vero e proprio piccolo supermercato, che accetta i buoni spesa dalle famiglie in difficoltà.

L’idea era in cantiere da tempo. La frammentazione delle realtà del territorio che si occupavano di aiuti alimentari rendeva necessario un coordinamento unico. Le forti richieste causate dalla pandemia poi, hanno portato le tre associazioni ad unirsi, mosse da un intento comune: la solidarietà alimentare.

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La struttura che ricorda un supermercato è una scelta voluta. L’Emporio Solidale è infatti anche un tentativo di reinserimento sociale delle classi fragili. L’obiettivo è quello di trasformare la consegna dei generi alimentari, attività da sempre portata avanti da tutte le associazioni, nella possibilità di fare una spesa vera e propria. Le famiglie, avranno infatti a disposizione una card a punti, ricaricabile ogni mese, con la quale potranno “pagare” i prodotti dell’emporio. In questo modo, dovranno abituarsi a gestire responsabilmente i punti mensili e avranno la dignità di poter vivere una spesa più normale. La possibilità di accedere all’Emporio Solidale è coordinata e valutata dagli assistenti sociali della Società della Salute e dai quattro attori coinvolti. Un tavolo di coordinamento territoriale si riunirà ogni tre mesi, per monitorare le famiglie interessate o accoglierne di nuove.

Le associazioni hanno seguito la creazione e l’organizzazione dei volontari. Il Comune di Pescia invece, ha contribuito all’affitto dei locali e si impegna a implementare le realtà coinvolte nelle donazioni di cibo. Oltre agli aiuti alimentari europei FEAD, a Banco Alimentare, al programma Siticibo e alle donazioni di privati, le aziende avranno infatti un altro motivo per aderire all’iniziativa. Il Sindaco di Pescia ha predisposto uno sconto sulla TARI alle aziende che donano all’Emporio Solidale il cibo destinato a essere sprecato.

L’Emporio e gli obiettivi futuri

Le attività dell’Emporio Solidale però, non si fermano qui. Le associazioni contano a breve di offrire anche i consigli di una nutrizionista, per aiutare le famiglie, spesso straniere, a conoscere e usare i prodotti alimentari locali, oltre che a fornire consigli per una dieta corretta. Attività di formazione e corsi di agricoltura poi, sono le possibili prospettive future.Non solo aiuti dunque. Lo scopo dell’Emporio Solidale di Pescia è creare più consapevolezza sulle scelte alimentari, sfruttando il cibo anche come strumento di inclusione sociale. L’Emporio Solidale è un esempio di come la cooperazione può dar vita a progetti solidali importanti. Un modo comune per combattere la povertà alimentare e supportare i cittadini nella costruzione di una società più inclusiva: da difficoltà, il cibo diventa sinonimo di aiuto e rinascita.

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Nutrire Trento #Fase2: come fare di necessità virtù

A cura di Angelica Pianegonda e Mattia Andreola

Non potevamo rimanere con le mani in mano! Anche a Trento, così come in tantissime altre città italiane, durante il periodo di lockdown stavano nascendo molte iniziative spontanee di acquisto e vendita diretta di prodotti ortofrutticoli locali. Qualcosa che “naturalmente” stava procedendo nella direzione di ciò che il progetto aveva in animo sin dall’inizio di sollecitare. Infatti, la vendita diretta “porta a porta” riconnetteva produttori e consumatori anche in un’ottica di sostegno solidale. Come poteva il nostro progetto – attivo dal 2017 – sostenere queste iniziative, aiutandole a diffondersi e ad intercettare non soltanto i cittadini già attivi (ad esempio nei gruppi GAS), ma chi fino ad ora era rimasto distante da questo mondo e da queste pratiche di “consumo critico”? Nel tentativo di sostenere queste esperienze positive prodotte dall’emergenza sanitaria da Covid-19, il Tavolo di Nutrire Trento ha ideato Nutrire Trento #Fase2, un’iniziativa volta a creare una rete di consegna a domicilio di prodotti agricoli.

Il Tavolo rappresenta il contesto in cui – grazie ad una iniziativa promossa dal Comune di Trento, l’Università di Trento che apre alla partecipazione di tutti gli attori della “filiera del cibo”- emergono idee che hanno l’obiettivo di indirizzare la definizione di una Politica Locale del Cibo, seguendo le linee del Milan Urban Food Policy Pact che il Comune di Trento ha firmato nel 2019. Il progetto Nutrire Trento, oltre ad aver costruito una piattaforma online in cui sono mappati gli attori locali, ha obiettivi ambiziosi. Vuole essere nel contempo un progetto politico, culturale e economico, nel senso che si pone l’obiettivo di sensibilizzare ad una produzione e consumo più sostenibile, di avvicinare produttori e consumatori, città e campagna, promuovendo una governance partecipata del cibo al fine di stimolare una politica più attenta alla salute delle persone e dell’ambiente, nonché capace di promuovere l’economia virtuosa.

Durante il lockdown, il Tavolo ha continuato a riunirsi in forma virtuale. Durante le riunioni che ovviamente prendevano atto della situazione contingente, è sorta la volontà di fare qualcosa per affrontare il momento di crisi, dando visibilità agli attori e alle iniziative che avvicinavano produttori e consumatori. L’idea è stata anche quella di analizzare le dinamiche che stavano generando nuove pratiche, per comprenderle meglio e aiutarle nel loro sviluppo. Grazie alla collaborazione di 82 famiglie iscritte (68 effettivamente partecipanti) e 15 produttori, si è cercato di approfondire la sostenibilità – ambientale ed economica – di quanto spontaneamente si stava sviluppando attraverso una ricerca abbinata ad un reale sostegno alle iniziative di consegna a domicilio.

Per nove settimane, dalla metà di maggio, è stata organizzata una “piattaforma umana” che aiutasse l’incontro tra domanda di prodotti agricoli locali con l’offerta, ovvero chi li produceva. Dopo qualche settimana, il progetto ha creato anche un blog per raccontare l’esperienza in atto e per favorire il trasferimento di informazioni tra produttori e consumatori in modo da facilitare maggiormente l’incontro e il dialogo. Sono stati affrontati temi riguardanti la produzione sostenibile di cibo. Tramite delle video-interviste ai produttori e ad articoli di carattere divulgativo si è cercato di trasferire le esperienze di chi il cibo lo produce.

La partecipazione all’iniziativa nella prima settimana è stata anche più alta delle aspettative. Con la progressiva riduzione delle misure di contenimento e la ripresa dei ritmi di vita normali, tuttavia, si è assistito ad una graduale riduzione del numero di ordini. Ciò che è rimasto stabile nel tempo è stato invece l’entusiasmo delle famiglie, che nonostante in alcuni casi non siano riuscite – per varie ragioni – a partecipare agli ordini, hanno comunque dimostrato un crescente interesse ad immaginare insieme un progetto che possa portare sulle loro tavole prodotti di buona qualità, ecologicamente sostenibili e dalla provenienza certa. Dai loro suggerimenti è emersa grande domanda di prodotto fresco.

La ricerca ha altresì evidenziato una difficoltà a raggiungere il quantitativo minimo di spesa richiesto dai produttori per rendere economicamente sostenibile lo spostamento per la consegna e la difficoltà a ricevere consegne in orari diversi. Dal canto loro i produttori hanno sentito il bisogno di riflettere su un’organizzazione comune delle consegne, e alcuni di loro si sono resi disponibili a cominciare un ragionamento di pianificazione delle semine e delle produzioni per andare incontro ai bisogni delle famiglie della città.

Tutto questo è stato raccontato in questo video preparato per partecipare ai #MilanPactAward 2020.

#MilanPactAward 2020 Trento – Feeding Trento

…Verso Nutrire Trento #fase3?

Grazie alla raccolta dati effettuata tramite i questionari somministrati a produttori e famiglie, è stato dunque possibile comprendere le difficoltà riscontrate, ma anche immaginare possibili sviluppi del progetto #Fase2.

L’interesse all’acquisto di prodotti sani, locali e sostenibili che ha stimolato l’aumento delle consegne a domicilio e degli acquisti diretti presso produttori locali e negozi di vicinato ha messo in evidenza come i partecipanti:

  • hanno dichiarato di aver diminuito sostanzialmente gli acquisti presso discount, supermercati e ipermercati.
  • hanno modificato la tipologia di prodotti confermando l’interesse verso i prodotti freschi e locali, cosa che ha garantito un aumento considerevole degli acquisti di prodotti biologici e del territorio.

Secondo le dichiarazioni dei rispondenti, le persone coinvolte nel progetto #Fase2 hanno anche consumato meno frequentemente rispetto al solito prodotti surgelati e preconfezionati.

Confermando la tendenza emersa anche da altri studi svolti durante il periodo del primo lockdown, è aumentato anche il tempo dedicato alla preparazione dei pasti e, soprattutto, è aumentata la programmazione degli stessi. Questo ha permesso una diminuzione sostanziale degli sprechi alimentari (Andreola e Forno, 2020).

Dalla sperimentazione sono, quindi, emersi segnali importanti su queste modalità alternative alla grande distribuzione organizzata. Per questo motivo il Tavolo di Nutrire Trento ha iniziato a pensare ad una #Fase3 che al momento sta prendendo in considerazione tre possibili avanzamenti dove peraltro sono evidenti le convergenze:

  • la creazione di una piattaforma digitale, attraverso il progetto CROWNFOOD: reti alimentari sostenibili e piattaforme digitali oltre il Covid-19. Questo progetto, che ha vinto un bando dell’Ateneo di Trento si pone l’obiettivo di “sviluppare, implementare, testare e validare una piattaforma digitale a supporto alle reti alimentari sostenibili che permetta di proporre diverse soluzioni alternative per mettere in contatto diretto produttori e consumatori di prodotti alimentari, anche locali, con un approccio innovativo, dinamico ma sostenibile”.
  • la nascita di una Community Supported Agriculture (CSA), progetto proposto dagli agricoltori che hanno partecipato al progetto e che ora stanno cercando di realizzare con il supporto di altri attori del Tavolo Nutrire Trento. La piattaforma di cui sopra, viene vista in quest’ottica un possibile strumento a supporto della CSA stessa.
  • l’avvio di un negozio locale, Tuttoverde, che si è proposto come hub di raccolta e distribuzione dei prodotti agricoli. Questa auto-candidatura potrebbe essere sia uno strumento di transizione, nel frattempo che la CSA prenda vita, sia un’alternativa alla CSA stessa per i cittadini che non intenderanno prenderne parte.

Il Tavolo, nonostante le difficoltà legate al particolare momento storico in cui stiamo vivendo, non sta smettendo di sognare e pensare ad altre piccole progettualità che permettano di promuovere la creazione di una rete del cibo solidale, sostenibile e che valorizzi i prodotti locali, per ridisegnare tutti insieme la geografia del cibo a Trento.

Il gruppo di lavoro di Nutrire Trento #Fase 2:

Responsabili scientifici

Paola Fontana, Responsabile progetto NT, capoufficio servizio agricoltura, Comune di Trento

Francesca Forno, Responsabile progetto NT, sociologa, Università degli studi di Trento

Coordinatori

Mattia Andreola, Sociologo, L.M. in Sociologia e ricerca sociale, Università degli Studi di Trento

Anna Brugnolli, Educatrice, L.M. in Lavoro, cittadinanza sociale e Interculturalità, Università Ca’ Foscari di Venezia

Giacomo Oxoli, Stagista e laureando in Sociologia – L.T. PeIS (Progettazione e Innovazione Sociale), Università degli studi di Trento

Angelica Pianegonda, Assegnista di ricerca, L.M. in Ingegneria Edile – Architettura, Università degli studi di Trento

Comitato tecnico scientifico

Michela Angeli, esperta di comunicazione, Fondazione Mach

Lara Bustros, specialista ambientale, Project Manager Greencycle

Marina Carrieri, dottoranda in Agroecosystems (UFSC, Brasile) e in Scienze agroalimentari e ambientali (UNITN)

Marco Combetto, informatico, Trentino Digitale

Silvia Filosi, tecnologa alimentare, Cooperativa Risto3

Stefania Lusuardi, produttrice, Azienda Agricola Bio e Fattoria Didattica Maso Canova

Valentina Merlo, socia fondatrice e membro del direttivo dell’orto comunitario Richiedenti Terra

Maddalena Natalicchio, operatrice di comunità

Alessandra Piccoli, dottoranda in scienze dell’educazione, Libera Università di Bolzano

Leandro Sabin Paz, videomaker

Anna Viganò, architetto, ass. LabARCA

Elisa Vinciguerra, grafica, ass. LabARCA

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Il cibo gentrifica? Note da Porta Palazzo a Torino

A cura di Panos Bourlessas e Samantha Cenere

Da quando lo spettacolo teatrale “Foodification- Come il cibo si è mangiato la città” è nato, nel 2017, la parola “Foodification” è diventata centrale nei dibattiti critici intorno alle trasformazioni urbane legate al cibo a Torino. Il neologismo “foodification” unisce le parole “food” e “gentrification” e corrisponde, quindi, a quello che nella letteratura scientifica viene definito come “food gentrification”, ovvero la gentrificazione dello spazio urbano tramite il cibo, i suoi spazi e il suo consumo. Nel processo di “food gentrification”, lo spazio commerciale di un quartiere cambia attraverso il cibo ed è questo stesso cambiamento che prepara, favorisce e contribuisce a un cambiamento più ampio dello spazio residenziale del quartiere, dal quale residenti che appartengono a delle categorie socioeconomiche deboli vengono esclusi e dislocati.

Allora, se la gentrification in generale corrisponde a esclusione e dislocazione, in che modo il cibo può contribuire a queste dinamiche? E può un elemento così quotidiano, basico, magari anche banale, escludere e dislocare? La risposta è sì, perché nella food gentrification non è il cibo di per sé ad esercitare un impatto così significativo ma lo sono invece certi tipi di cibo e certi spazi dedicati al consumo di quei cibi. Insomma, la food gentrification ha luogo sulla base di una ricostruzione sia del cibo che dei suoi spazi: il cibo “biologico”, “locale”, “etico”, “autentico” e “artigianale” non può consumarsi ovunque; al contrario, richiede certi spazi come piccole botteghe, ristoranti di nicchia e mercati di artigiani. Il consumare questo cibo in questi spazi prevede, mantiene, riproduce, e dimostra il possesso di tre forme di capitale: economico, culturale, e culinario. L’ultimo riguarda l’apprezzamento di una certa estetica intorno al cibo, un’estetica diversa da quella che caratterizza il consumo di massa. L’incrocio di queste tre forme di capitale nello spazio performa esclusione per chi non lo possiede; lo spazio acquisisce quindi significati nuovi, specifici, in ultima istanza escludenti. E l’esclusione di chi ci abitava o consumava già in questo spazio può diventare dislocazione sia diretta che indiretta.

Questo breve testo presenta l’esperienza di Porta Palazzo a Torino come un caso empirico delle suddette dinamiche che oramai sono globali, e pone la domanda: attraverso quali mezzi la foodification si svolge nel quartiere, cambiando il paesaggio commerciale in modi potenzialmente escludenti e dislocanti? Porta Palazzo è diventata il luogo emblematico della foodification torinese soprattutto dopo l’arrivo del Mercato Centrale nel cuore del mercato all’aperto di Piazza della Repubblica, nel 2019. Infatti, grazie alla visibilità sia della sua struttura fisica (l’edificio cosiddetto Palafuksas) che del marchio in sé, Mercato Centrale ha segnato, nella maniera più evidente, il territorio locale con un tipo di consumo di cibo percepito come estraneo, ma spesso anche alienante ed opposto, rispetto a quello che tradizionalmente apparteneva al mercato di Porta Palazzo. Ciò nondimeno, nella foodification vengono coinvolti certi elementi che vanno oltre il Mercato Centrale e che riguardano altri spazi, meno visibili ma perciò potenti nel mutamento dello spazio commerciale. In particolare, due elementi contribuiscono a questo processo: la materialità, e le pratiche. Attraverso questi e la loro interrelazione, il cibo acquista delle proprietà che possono escludere e dislocare. Perché attraverso questa materialità e queste pratiche emergenti, il cibo viene ridefinito; non è più semplicemente “cibo”, e non è per chiunque.

La materialità della foodification comprende oggetti nuovi che mediano la produzione e il consumo di cibo, mutandone il significato. Macchine legate alla produzione di alimenti come mulini, schermi che proiettano la coltivazione di cereali, barattoli con diversi tipi di terreno in esposizione, o la riproduzione di una camera di stagionatura in legno non processato, sono elementi fisici che portano la produzione dentro uno spazio di consumo. Attraverso cartelli, gli alimentari venduti diventano prodotti firmati, che appartengono a delle personalità significanti. Elementi della funzione precedente di un locale vengono mantenuti ed enfatizzati come simboli di collegamento col passato, di storicità. Le materie prime di un piatto non necessariamente “tipico italiano” vengono scelte con cautela e provengono esclusivamente dall’Italia per preservare una percepita “italianità” del cibo. In tutta questa economia materiale e visuale, il cibo viene ricostruito come “artigianale”, “locale”, “biologico”, “etico”, infine distinto dal cibo che occupa la maggior parte del mercato di Porta Palazzo.

Assieme a una nuova materialità culinaria, la foodification introduce anche nuove pratiche di consumo di cibo. Oltre che pratiche di consumo precedentemente assenti a Porta Palazzo e che mostrano uno status economico-sociale elevato, come nel caso del brunch, si tratta principalmente di pratiche legate alla conoscenza culinaria: della provenienza, della qualità, della produzione di ciò che si ingerisce. L’acquisto di un certo tipo di farina implica anche il praticare la macinatura dei cereali che diventano farina. Il prendere un caffè al nuovo bar della piazza implica anche una sorta di “esibizione” da parte del barista, che si dilunga in spiegazioni sulle proprietà dei vari tipi di caffè disponibili, e sulla loro provenienza. “Siamo venuti qua (a Porta Palazzo) per istruire la gente”, ha detto la barista di un nuovo fusion bar appena aperto nella piazza. Attraverso queste pratiche, il cibo non è semplicemente consumato; è ricostruito come qualcosa da conoscere, da padroneggiare, da mostrare.

Dunque, tramite la materialità e le pratiche, la foodification plasma lo spazio commerciale del quartiere in modo da creare uno spazio nel quale si può consumare una nuova categoria di cibo: un cibo distinto, diverso e che differenzia. La creazione di questo spazio nuovo viene favorita da alcune iniziative istituzionali che, negli ultimi anni, stanno provando a ridefinire la città di Torino come una città di e per un cibo in vari modi distinto. I discorsi attorno, ad esempio, a Slow Food e alla Capitale del Gusto, ora vengono concretizzati a Porta Palazzo dalla materialità e le pratiche introdotte dalla foodification, che interessa sia la scala del quartiere che quella della città intera. La foodification è la materializzazione di uno spazio sempre più ampio dedicato al cibo distinto. E l’accesso al consumo di questo cibo, ovvero l’accesso agli spazi dedicati al consumo di questo, è una questione di privilegio: consumatori e consumatrici che non possiedono il capitale necessario (economico, culturale e, alla fine, culinario) vengono esclusi ed escluse dietro l’etichetta di cibo variamente detto “di qualità”. Nessuno/a può accusare un cibo “locale”, “autentico”, “organico”, “etico”. E se qualcuno/a lo può, forse bisognerebbe dislocarsi dal quartiere.

Panos Bourlessas è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Culture, Politiche e Società, Università di Torino

Cenere Samantha è assegnista di ricerca presso il Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio, Politecnico e Università di Torino

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Mangia Locale: una risposta ai nuovi bisogni in tempo di COVID19?

Venerdì 27 novembre alle ore 21.00 l’Università di Macerata organizza la conferenza online “Mangia Locale: una risposta ai nuovi bisogni in tempo di COVID19?”, nell’ambito del progetto Farm 2.0.

La conferenza sarà dedicata alle nuove piattaforme e tecnologie attive nel territorio marchigiano (e non solo) per favorire le esperienze di filiera corta.

Per la Rete Italiana Politiche Locali del Cibo parteciperà Giampiero Mazzocchi, con un intervento che fa il punto sui principali impatti del COVID-19 sui sistemi alimentari locali.

A questo link ulteriori informazioni e il programma dell’evento: http://sfbct.unimc.it/it/site-news/il-progetto-farm-2.0-alla-notte-europea-dei-ricercatori-e-a-fermhamente

Link per accedere al webinar: http://bct.unimc.it/it/webinar

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Lo spazio delle politiche locali del cibo. Riflessioni dal mondo della ricerca

Evento: 25 novembre 2020, ore 16.00 – 18,30

A completamento del ciclo di incontri dedicati all’uscita del volume della Rete Italiana Politiche Locali del Cibo “Lo spazio delle politiche locali del cibo: esperienze, temi e prospettive”, il 25 novembre dalle 16.00 alle 18.30 si terrà un incontro dal taglio scientifico per guardare in maniera critica e prospetttica alle opportunità offerte dagli approcci locali ai sistemi alimentari.
L’evento, ospitato dal festival Terra Madre, sarà moderato da Francesca Forno (Università di Trento) e Giaime Berti (Scuola Superiore Sant’Anna), che coordineranno un panel di ricercatrici esperte sul tema dei sistemi alimentari. Il loro compito sarà di collegare i temi emersi dal volume con alcuni di progetti di ricerca internazionali, approfondendo approcci e metodi, commentare il ruolo e il lavoro della Rete e l’importanza della ricerca-azione nelle politiche locali del cibo e valutare le possibilità circa uno scaling-up del tema verso una politica di carattere nazionale.Il panel, totalmente al femminile, è composto da:

  • Cecilia Marocchino (FAO)
  • Chiara Certomà (Università di Torino, Dip. di Scienze economico- sociali e matematico- statistiche)
  • Chiara Tornaghi (Università di Coventry, Centre for Agroecology, Water and Resilience)
  • Coline Perrin (INRAE, UMR Innovation Montpellier)
  • Antonella Samoggia (Università di Bologna, Dip. di Scienze e Tecnologie Agro- alimentari)

Questo il link per partecipare all’incontro: https://bit.ly/2Hakdmi
Se richiesti:
Numero evento (codice di accesso): 121 214 1071
Password evento: Rete_PLC
L’evento sarà trasmesso anche tramite diretta Facebook all’indirizzo della pagina della Rete Italiana Politiche Locali del Cibohttps://www.facebook.com/rete.politichelocalicibo

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